La bellissima serata è iniziata con la presentazione dell’Organo Tecnico Katia Senesi da parte del Presidente Sezionale Massimo Doni, che le ha lasciato subito la parola: dopo aver portato i saluti della Commissione Arbitri Interregionali (CAI), Katia ha saputo intrattenere la giovane platea gremita, oltre dagli arbitri pistoiesi, anche di arbitri di altre sezioni della Toscana, che con piacere hanno accolto l’invito che era stato porto loro.
“La CAI è una commissione di passaggio per gli arbitri e per gli osservatori ed ha come scopo la formazione degli arbitri e la formazione degli osservatori: noi dobbiamo transitare arbitri dalla Commissione Regionale Arbitri alla CAN D, ma per fare ciò serve formazione. La formazione è fondamentale per evitare di inciampare successivamente e di farsi molto più male, noi vogliamo aiutarli a livello tecnico, a livello disciplinare e a livello tattico, affinché si possa dare più qualità a quello che già sanno fare: gli arbitri CAI arbitrano sempre le stesse gare, con la discriminante di aggiungere più qualità al lavoro che si sta facendo.
Man mano che si giunge ad Organi Tecnici superiori, ci sarà più selezione e meno formazione ed è per questo motivo che noi consideriamo la crescita fondamentale: l’organico si ringiovanisce ogni anno e l’esperienza è poca, pertanto, mediante la formazione che si attua attraverso la visione di filmati e attraverso il confronto, si sopperisce alla mancanza di esperienza. Tuttavia l’esperienza non basta, perché l’arbitro esperto arbitra la gara, mentre l’arbitro competente è colui che la arbitra bene”. Queste sono le parole usate da Katia durante l’inizio della riunione tecnica, la quale è proseguita, sempre sull’onda dello stesso semplice, pacato e chiaro, ma coinvolgente modo di esprimersi della relatrice: “Bisogna saper leggere la gara, bisogna selezionare i falli e contestualizzarli alla gara stessa: ciò vuol dire che bisogna fluidificare il gioco sulla base dell’andamento della gara ed, in sostanza, è fondamentale dare più qualità agli interventi tecnici, selezionandoli sulla base di quello che la gara ci sta offrendo. Questo è quello che chiediamo ai nostri arbitri ed è ciò che può fare la differenza”.
Dopo aver sorvolato i meandri tecnico-tattico-disciplinari del gioco del calcio, attenzionando la discriminante dell’ambiente nel quale si gioca la gara, senza tuttavia lasciarsi influenzare dall’apparenza, introducendo il fondamentale concetto di “Body Language” e concentrandosi sull’importanza della prevenzione e del richiamo, ancorché anteposta a un uso eccessivo di cartellini, o meglio ad un abuso di essi: “L’arbitro dell’imminente futuro è quello che risparmia (non grazia) provvedimenti disciplinari per falli che poteva evitare di far fare, avendo utilizzato un’opera di prevenzione adeguata; l’assistente del futuro è colui che è allineato con la propria testa, è un concetto mentale non solo fisico: vuol dire avere i punti di riferimento in maniera automatica”.
Altro tassello chiave, inserito nella ben costruita serata, è l’apertura al confronto, il quale è “sintomo di maturità ed è fondamentale per il passaggio al organo tecnico superiore”: bisogna demandarsi come avremmo potuto fare meglio la gara, perché è esemplificazione di intelligenza e di umiltà. Katia prosegue col solito piglio e introduce a raffica nuovi argomenti, senza tuttavia lasciare niente al caso e approfondendo ogni singolo dettaglio, in modo tale da rendere le idee molto chiare: “Bisogna saper prevedere le cose, è strettamente necessario essere concentrati ed essere lucidi, affinché si possa gestire l’imprevisto: dobbiamo essere vaccinati allo stress”.
Dulcis in fundo, si è analizzato l’aspetto psicologico dell’arbitro che farà carriera: “L’arbitro deve Sapere di calcio, l’arbitro deve Saper Fare, ovvero nel saper applicare le proprie conoscenze ai vari contesti che ci troviamo davanti, e deve Saper Essere, ovvero la capacità di relazionarsi con i calciatori, con i propri organi tecnici, con i propri tutor. Ma cosa fa la differenza? La motivazione e la testa, le quali sono la leva competitive del futuro, la concentrazione, l’autostima, non troppo eccessiva e non troppo bassa, e l’autocritica: la resistenza di una catena dipende dalla forza del suo anello più debole, perciò la differenza tra un arbitro ed un altro la fa l’anello più debole, ovvero la testa. Bisogna allenare la testa a fare la differenza, perché è la testa che comanda il corpo; per allenare la testa, il cosiddetto Mental Training, bisogna andare ad arbitrare rilassati, eliminando lo stress, le ansie, le paure e qualsivoglia pensiero negativo. Di pari passo con la testa va la motivazione: la differenza tra una persona motivata e una persona non-motivata di fronte a un problema è che la persona motivata dice “è difficile ma posso farcela”, mentre una persona non-motivata dice “è possibile ma è troppo difficile”: una persona motivata inquadra subito il probabile successo e sicuramente farà accadere quello che pensa, una persona non-motivata si concentra subito su quanto è difficile e si limita a sperare che accada”.
La riunione si è conclusa con una domanda molto affascinante, la quale dovrebbe essere spunto di riflessione per tutti coloro che “Perché l’arbitraggio non è per tutti? L’arbitraggio non è per tutti, perché è difficile, ed è difficile perché si chiede tanto, perché cambia in continuazione, perché si arbitra da soli: ponetevi un obbiettivo per volta, perché il vostro futuro si costruisce passo dopo passo”. Sicuramente, dopo stasera, tutti saranno usciti dalla sala riunioni di una stretta via di Pistoia, con la mente più carica e la motivazione più forte, ma soprattutto con il cuore più pieno di un affetto verso una ragazza, che ha dato molto a tutti i presenti. Grazie Katia, per questa meravigliosa serata.
Davide Delgadillo